Locali seminterrati: abitabilità più semplice o privazione del diritto alla salute?
L’Italia sta vivendo una fase di crisi abitativa, in particolare nei grandi agglomerati urbani, che porta all’utilizzo residenziale di spazi normalmente non adibiti ad ambienti di vita, con conseguenti inevitabili ricadute sulla salute degli occupanti. Infatti l’attuale contingenza abitativa spinge all’utilizzo come abitazioni di spazi non destinati a residenze: per le loro specifiche caratteristiche, fra questi spazi, hanno grossa rilevanza i SEMINTERRATI. Tali ambienti si caratterizzano, infatti, sia per un elevato livello di umidità, che per scarsa illuminazione ed aerazione naturale, senza contare gli effetti correlati alla presenza del radon. L’esposizione ad umidità e muffe, in particolare in età infantile, è causa dello sviluppo di patologie acute e croniche quali rinite allergica, asma bronchiale, eczemi ed infezioni respiratorie. Il radon è un gas nobile presente nella crosta terrestre, radioattivo e cancerogeno per inalazione e rappresenta la seconda causa di tumore al polmone. Più in generale, un ambiente abitativo non idoneo ha pesanti ripercussioni sulla salute umana nella sua interezza, compresi aspetti psichici e sociali.
Il primo ed unico riferimento normativo di carattere nazionale relativo all’utilizzo dei seminterrati risale al 1896, alle Istruzioni Ministeriali per la compilazione dei regolamenti locali di Igiene del suolo e dell’abitato. Questo testo, all’articolo 58, recita: “Nessun locale, che in tutto o in parte della sua altezza stia dentro terra, sarà adoperato per abitazione permanente di una o più persone”. L’espressa negazione all’utilizzo di questi locali è però parzialmente derogata al successivo articolo 59, che asserisce: “Potrà solo essere, in via eccezionale, permessa la continuazione dell’abitabilità permanente in sotterranei, dove era ammessa prima: se abbiano l’altezza di almeno 3 metri e per 1 metro almeno sia fuori terra; se siano separati con un’intercapedine di 1,50 metri almeno dal terreno del cortile o dalla strada; se abbiano aperture sufficienti per ventilazione e illuminazione dirette degli ambienti; se, ancora, la falda acquea sotterranea disti in ogni tempo di 2 metri almeno dalla luce dei muri di fondamento”. E’ interessante notare che i citati articoli sono i primi due del capo 5 “Locali di abitazione”, proprio a voler sottolineare l’importanza di escludere dall’abitabilità codesti ambienti.
Analizzando i regolamenti edilizi delle 10 maggiori città italiane per numero di abitanti (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Catania) ed in particolare soffermandosi sull’analisi degli articoli riguardanti i piani seminterrati, emerge che nella maggior parte delle regioni e dei comuni analizzati la situazione è ancora aderente ai dettami delle Istruzioni Ministeriali del 1896 in termini di negazione dell’utilizzo residenziale dei seminterrati, mentre i casi che fanno eccezione (Roma e Firenze) si uniformano comunque nella previsione di presidi volti a garantire la salubrità di questi ambienti.
Qualcosa è però cambiato: il 10 Marzo 2017 la Regione Lombardia ha approvato la L.R. n.7 per il recupero dei locali seminterrati. Grazie a questa nuova legge, nei prossimi tre anni in Lombardia ci saranno più di 40mila interventi di recupero per almeno 500milioni di euro di investimenti. Più offerta (vantaggio di mercato), più lavoro e più investimenti (vantaggio economico), zero consumo di suolo (vantaggio ambientale). I seminterrati ora si potranno recuperare senza nuove tasse e a burocrazia zero. L’articolo 1 di questa legge recita infatti: “La Regione promuove il recupero dei vani e locali seminterrati ad uso residenziale, terziario o commerciale, con gli obiettivi di incentivare la rigenerazione urbana, contenere il consumo di suolo e favorire l’installazione di impianti tecnologici di contenimento dei consumi energetici e delle emissioni in atmosfera”. Ai Comuni resta la facoltà di definire gli ambiti di esclusione, in relazione a specifiche esigenze di tutela paesaggistica o igienico-sanitaria, di difesa del suolo e di rischio idrogeologico.
Riferimenti:
– Mondoni G., Progettare l’ambiente costruito. Regolamenti edilizi e locali di igiene a confronto per un approccio di tipo prestazionale, Tesi di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni, A.A. 2016-2017.
– Italia. Istruzioni Ministeriali 20 giugno 1896. Compilazione dei regolamenti locali sull’igiene del suolo e dell’abitato.
– Gilli G., Igiene dell’ambiente e del territorio. Demografia, prevenzione e sanità pubblica, C.G. Edizioni medico scientifiche, Torino 1989.